Si sente spesso parlare di backfiltration in dialisi. I nostri pazienti, incuriositi e forse anche un po’ diffidenti di tutto ciò che capita attorno alla apparecchiatura nel corso del loro trattamento dialitico, talvolta ci chiedono spiegazioni circa questo termine all’apparenza così complesso e che tende a preoccuparli un po’.
Non a caso, ho parlato di backfiltration come di un “termine” e non come di un “allarme” perché effettivamente un allarme, oggi non lo è più: essa non rappresenta più un problema ed in tal senso possiamo subito tranquillizzare i nostri pazienti più curiosi e preoccupati.
La backfiltration era un problema qualche decennio fa quando le apparecchiature erano poco sofisticate e direi anche insicure. In quei tempi era l’operatore che doveva verificava manualmente la sicurezza dell’apparecchiatura. A lui era demandato la maggior parte dei controlli e del funzionamento degli allarmi. Regnava la manualità e c’era poco automatismo. Ma soprattutto, ed è questa la cosa più rilevante, i liquidi di dialisi non erano sterili. Prima del trattamento, il Nefrologo prescriveva il calo ponderale del paziente da impostare sulla apparecchiatura e l’operatore verificava che tutto andasse regolarmente. In quei tempi, poiché i filtri che si utilizzavano erano meno permeabili all’acqua, il fenomeno della backfiltration, paradossalmente avveniva meno che oggi quando invece si usano filtri molto più permeabili. Tuttavia le macchine di allora non erano in grado di accorgersi quando questo fenomeno si verificava, per cui capitava che parte del liquido di dialisi si riversasse involontariamente nel torrente circolatorio: il paziente manifestava malessere e qualche altra avversa reazione, acuta o cronica, al trattamento (prurito, vomito, rapida progressione nel tempo verso una infiammazione cronica da contatto con liquidi di dialisi non biocompatibili, ecc).
La traduzione del termine tecnico inglese di backfiltration è retrofiltrazione, ovvero una sorta di filtrazione che avviene in modo contrario a ciò che dovrebbe essere. Nel nostro caso la backfiltration è l’infusione di liquido di dialisi nel sangue del paziente.
È noto che la maggior parte dei nostri pazienti che sono sottoposti a trattamento dialitico, proprio perché soffrono di insufficienza renale, urinano poco o addirittura nulla e pertanto, nel periodo inter-dialitico (ossia tra un trattamento e l’altro), accumulano dei liquidi che non riescono ad espellere attraverso le urine. Questi liquidi devono essere rimossi dal paziente nel corso della seduta dialitica. La rimozione di liquidi, è svolta dal filtro di dialisi che, opportunamente monitorato dalla apparecchiatura, riesce nel corso delle 4 ore (tempo medio di una seduta dialitica) a togliere dal sangue l’acqua in eccesso che si è accumulata nel paziente. Sembra quindi strano che nel corso di un trattamento dialitico, quando dobbiamo togliere acqua dal nostro paziente, gliela aggiungiamo attraverso la backfiltration.
Ma cosa avviene esattamente nel filtro di dialisi perché si verifichi il fenomeno della backfiltration visto che parte dell’acqua contenuta nel sangue viene tolta e parte del liquido di dialisi viene invece infuso nel sangue stesso? Avviene un saldo negativo quando il paziente deve calare di peso (è maggiore la quota di filtrazione dell’acqua sottratta dal sangue) o un saldo zero quando il paziente deve rimanere in peso (tanta acqua sottraggo dal sangue e altrettanta ne infondo al paziente sempre attraverso il filtro, dal liquido di dialisi).
Come dicevo, i filtri per la dialisi oggi utilizzati sono molto permeabili all’acqua che, come si evince, è in grado di attraversare la membrana in entrambi i sensi: ovvero dal sangue al liquido di dialisi ma anche viceversa (questo è il fenomeno della backfiltration come già detto). Pertanto in ogni filtro c’è sempre una quota di retrofiltrazione ed il saldo tra ciò che si infonde e ciò che si toglie è in genere negativo perché ai nostri pazienti dobbiamo togliere dell’acqua. Ma perché qualche decennio fa questo fenomeno rappresentava un problema? Perché in quegli anni attraverso le membrane dei filtri si infondeva un liquido di dialisi che non era biocompatibile mentre oggi siamo in grado di produrre liquidi purissimi che possono essere considerati sterili e quindi perfettamente infondibili come fossero dei preparati galenici (tipo le famose flebo/fisiologiche sterili). Il liquido di dialisi è una miscela di acqua e soluzioni concentrate. Mentre un tempo l’acqua per la dialisi era prodotta semplicemente da sistemi di addolcimento e/o demineralizzazione, oggi è prodotta da degli impianti di trattamento e purificazione sofisticati ed in bi-osmosi (acque purissime e sterili) e le soluzioni concentrate sono preparati chimici-farmaceutici tutti sterili ed in sacche chiuse. Perfino i concentrati bicarbonati oggi sono in polvere ed in contenitori chiusi e sterili mentre un tempo erano liquidi ed in contenitori aperti e quindi potenzialmente inquinabili per via del loro gradiente basico. Per di più, la catena dell’igiene dell’acqua, prevede di inserire nei monitor di dialisi ulteriori sistemi di filtrazione che ne garantiscono la sterilità. I controlli e le sostituzioni periodiche di questi filtri purificativi sono eseguiti dal personale Tecnico interno della dialisi (quando per esempio vi è il Tecnico di dialisi è lui che se ne occupa) oppure attraverso i contratti di manutenzione ed assistenza che oggi fanno parte di tutte le forniture ordinarie post vendita. Quando questi filtri si esauriscono è il monitor stesso che te lo indica: il monitor in questo caso ti impedisce di entrare in trattamento e di essere utilizzato evitando così di infondere al paziente un liquido che non sarebbe stato in grado di preparare perfettamente senza il passaggio attraverso i filtri stessi.
Oggi la backfiltration (o retrofiltrazione o infusione inversa) è utilizzata volutamente per sostituire più liquidi al paziente e quindi per svolgere una funzione di scambio più importante ed utile a migliorare l’efficienza del trattamento: non rappresenta più un problema ed è a tutti gli effetti non più un pericolo ma una potenziale risorsa.
Per conto di A.N.T.E.
p.i. Giuliano Pacor
giuliano.pacor@asugi.sanita.fvg.it
(Tecnico di dialisi – ASUGI Trieste)