Maurizio Mingarelli, responsabile dell’ambulatorio di nefrologia di Bari, fa il punto su che cosa sono e come operano gli ambulatori nefrologici territoriali

di Luca Gentile

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Maurizio Mingarelli

Dottor Mingarelli, nel mondo della nefrologia un ruolo importante lo svolgono gli ambulatori nefrologici, che nel territorio offrono servizi diretti ai cittadini. Ci spieghi quali problemi vi vengono posti, quali patologie vengono seguite…
La moderna nefrologia vede pazienti con alterazioni della funzione renale, asintomatiche o con sintomi sfumati e aspecifici, che derivano da malattie propriamente renali, ma molto spesso da malattie di altro tipo, che comunque danneggiano nel tempo il tessuto renale, in modo talvolta anche grave. Tali condizioni sono molto frequenti nella popolazione anziana, che è notoriamente in costante aumento. Il medico di medicina generale ha a disposizione questo tipo di servizio specialistico per un diretto controllo dei propri assistiti, senza ricoveri, senza ricorrere all’ospedale e anche al domicilio del paziente o presso le RSSA. L’ambulatorio nefrologico territoriale, quindi esterno all’ospedale, si trova inoltre nei poliambulatori delle ASL, dove hanno sede ambulatori di altre branche specialistiche, per cui interagisce con essi per una gestione polispecialistica della nefropatia.

Perché si parla ancora poco dell’ambulatorio nefrologico distrettuale?
La nefrologia è stata per molti anni una branca ospedaliera. In passato esistevano reparti di nefrologia secondo il modello dell’Unità Operativa Complessa dotati di reparto degenza, reparto dialisi e ambulatori, dove il cittadino veniva assistito in maniera completa da un’unica équipe di nefrologi e in una unica sede. Questi reparti si trovavano non solo nei capoluoghi di provincia, ma anche in ospedali variamente distribuiti sul territorio, mentre oggi, dopo le note riorganizzazioni correlate alle varie spending-review, molti di essi sono state chiusi. Sono pertanto recentemente aumentati, nelle varie ASL, gli ambulatori nefrologici distrettuali che, per quanto garantiscano una completa e qualificata “nefrologia di prossimità” (anche domiciliare), sono un modello operativo che ancora in parte stride con la vecchia concezione di nefrologia in ospedale.

Quale territorio copre il suo ambulatorio e quante prestazioni fornite?
L’ambulatorio di nefrologia che mi è stato affidato si trova al centro di Bari, ma ad esso afferiscono anche utenti dalle periferie, frazioni e aree limitrofe. Vengono effettuate circa venticinque visite alla settimana e dieci-quindici visite al mese al domicilio del paziente o presso le residenze sociosanitarie assistite.

I medici di medicina generale conoscono il servizio dell’ambulatorio nefrologico distrettuale?
Da qualche tempo sì, ma occorre consolidare ancora meglio le linee operative.

C’è da incrementare o migliorare il servizio? Ci sono delle migliorie organizzative da attuare?
Assolutamente sì, attraverso un maggior numero di giornate dedicate al servizio, mentre l’esigenza organizzativa più urgente è implementare l’acceso diretto (senza prenotazione al CUP e liste di attesa) per i pazienti nefropatici con specifiche esigenze di monitoraggio e cura.

La FIR punta molto, come mission, sulla prevenzione delle malattie renali. Voi riuscite ad informare i cittadini sull’importanza della prevenzione?
Certamente sì:la prevenzione delle malattie e la promozione della cultura sanitaria sono due attività che rientrano nei compiti istituzionali del nostro Distretto Socio Sanitario ASL. Abbiamo anche noi lo steso scopo della FIR. L’ambulatorio nefrologico distrettuale non solo concorre annualmente alla Giornata Mondiale del Rene, ma è inserito nel più vasto programma di “Educazione alla Salute” svolto periodicamente dal Distretto.